Roma Tre e le trasformazioni urbane
L’Università Roma Tre ha assunto fin dalla sua nascita, nel 1992, un ruolo rilevante in questo senso, legato anche alla peculiare cultura progettuale della sua Facoltà di Architettura. Il più giovane ateneo romano ha infatti attribuito all’architettura un potenziale in grado addirittura d’innescare trasformazioni urbane, come quelle delle aree industriali dismesse a sud del centro storico, dove gli ultimi interventi realizzati o in cantiere si aggiungono a quelli sedimentati in quasi trent’anni. Ma i tempi di realizzazione di alcuni progetti concepiti da fine degli anni novanta rendono problematico un giudizio definitivo sull’efficacia delle operazioni di riqualificazione avviate.
Nell’area di Valco San Paolo si concentrano due recenti interventi che, in base al Piano d’assetto elaborato dal Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DiPSA) nel 2000, ambiscono a conferire ordine a un comparto urbana frammentario e degradato attraverso due forti segni lineari: il completamento del recupero dell’ex Vasca navale per la Facoltà di Economia, in continuità con il tratto inaugurato nel 2012, e il nuovo studentato progettato dal Dipartimento di Architettura per DiSCo Lazio (Ente regionale per il diritto allo studio e alla conoscenza). Mentre è stato da poco avviato il cantiere del primo intervento, sempre sulla base del progetto complessivo nel 2001 (responsabile scientifico e coordinatore è il professor Andrea Vidotto), si è appena concluso quello dello studentato quasi 15 anni dopo l’inizio del progetto nel 2007 (professor Lorenzo Dall’Olio). Nell’accogliere le diverse scale dell’abitare collettivo, con particolare cura agli spazi di transizione e relazione, l’opera sembra il risultato di un’approfondita cultura storica sulla residenza. Le brillanti soluzioni planimetriche, sviluppate in una stecca lunga 240 metri, si combinano nell’immagine d’insieme con la persistenza di certi temi plastici (neoplastici?) cari all’architettura neomoderna un tempo in voga nell’Europa del nord.
Il nuovo rettorato di Mario Cucinella Architects
A fronte dei lunghi tempi di realizzazione di questi due interventi, l’edificio del nuovo rettorato sulla via Ostiense affidato allo studio MCArchitects nel 2014 è stato inaugurato il 4 ottobre dopo appena tre anni di cantiere. Non a caso l’opera raccoglie alcuni dei temi ricorrenti dell’architettura contemporanea, insieme alle loro più frequenti contraddizioni. L’aspetto più interessante riguarda i rapporti tra architettura e natura, tra i quali la comunicazione del progetto privilegia gli aspetti della sostenibilità e del risparmio energetico. Ma come in tante architetture degli ultimi anni, non serve un’analisi approfondita per concludere che questo tema sia declinato più che altro in termini visivi, attraverso la costruzione di un paesaggio caratterizzato da forme naturalistiche ed elementi naturali, in questo caso sospeso tra la memoria di un’architettura organica con importanti radici romane e alcune delle immagini dell’architettura contemporanea più diffuse a livello internazionale. Dal punto di vista energetico, la presenza delle lamelle verticali e delle logge che svuotano i volumi delle torri non sembra sufficiente a evitare problemi di surriscaldamento estivo e abbagliamento degli ambienti, dato l’ampio ricorso a superfici vetrate orientate a sud.
Altro tema rilevante è la ricerca di una dimensione spaziale che rappresenti le aspirazioni d’integrazione e apertura delle grandi istituzioni attuali (pubbliche o private), in particolare quelle legate alla produzione e comunicazione della conoscenza. Nel progetto ciò si traduce in una sequenza di spazi potenzialmente continui e pubblici che attraversa il piano terra dell’edificio e che si prova a replicare a una quota più alta con un giardino pensile. La combinazione di tali spazi offre un’esperienza particolarmente riuscita. Ma l’aspirazione a un’architettura aperta e accogliente contrasta con una realtà altrettanto frequente, fatta di recinzioni, soglie, controlli agli accessi e telecamere, laddove la trasparenza dei volumi finisce col suscitare la spiacevole sensazione di essere continuamente sorvegliati.
Un ulteriore tema prettamente contemporaneo consiste nella definizione di un’immagine dalla forte riconoscibilità, riassumibile in un concept efficace, collegata tra l’altro alla presenza nel vicino contesto urbano di strutture industriali dalla forma analoga come i vecchi gasometri. Ma proprio nel carattere iconico del progetto sembra esaurirsi lo sforzo progettuale, che in questo come in altri esempi contemporanei trascura il passaggio di scala, portando a una gestione sommaria dei dettagli, dello sviluppo geometrico e della definizione materica. Nella sua apertura a temi e contraddizioni del nostro tempo, il nuovo rettorato è senz’altro un contributo positivo al necessario aggiornamento dell’architettura romana. Sarà il tempo a stabilire se questo contributo diventerà segno di un cambiamento che riporti l’incessante attività edilizia dell’Urbe nell’alveo dell’Architettura.
Sergio Martìn Blas